BXVOI febbraio 2013
Procede il progetto di solidarietà sostenuto in Africa dalle banche del CoBaPo: tre falde potabili riattivate.
Quei pozzi in Burkina Faso, speranza contro la grande sete.
È una testimonianza concreta di solidarietà, quella che viene da Waider Volta, direttore di CoBaPo (Consorzio banche
popolari) e animatore del progetto “Una borraccia per il Burkina Faso”, finanziato dalle banche popolari aderenti al consorzio.
Ecco il taccuino del suo ultimo viaggio in Africa, avvenuto tra dicembre e gennaio, nel quale sono stati riattivati tre pozzi di acqua potabile, una risorsa essenziale per la sopravvivenza della popolazione.
Sono nella brousse di Tenkodogò, nel sud del Burkina Faso, a 60 chilometri dal confine con il Ghana. A differenza che nel nord Burkina qui c’è qualche albero in più, specie i manghi che con la loro grande e folta chioma verde brillante danno la sensazione di un po’ di frescura. Ma è solo una sensazione, perché appena il fuoristrada che mi ospita apre la portiera, pur essendo le 10 di mattina del 3 gennaio, mi accoglie
un caldo opprimente. Cerco con gli occhi il pozzo di cui le banche popolari aderenti al CoBaPo hanno appena finanziato la rimessa in funzione, dopo due anni di blocco: “il etait en panne” mi dicono in lingua morè, tradottami da un prete burkinabé. Non avevano il denaro sufficiente per riattivarlo, di fatto per rifarlo nuovo. Ma la sacca d’acqua sottostante a 70 metri di profondità è stata valutata molto buona e consistente: ora,
dopo la riattivazione, consentirà almeno altri quattro anni di grande uso idrico.
Ci accoglie il capo villaggio. Come sempre, qui, ogni comunità ha un capo riconosciuto da tutti, che non è il sindaco - che pure esiste - né il prefetto, che pure esiste. Ma è un’autorità non nominata dallo Stato, bensì dal popolo che ne riconosce doti di “saggezza”.
A lui ci si rivolge per dirimere conflitti sociali (matrimoni e liti familiari) e questioni economiche (controlli su terreni, bestiame e acque).
Lui, il capo, mi dà per primo la mano destra sorreggendo l’avambraccio con la sinistra, poi tutti fanno la stessa cosa: grandi, piccoli, anziani, donne e man mano ci incamminiamo verso il pozzo rinnovato. È proprio bello, se così si può dire, con una potente pompa a mano “India mark II” al centro della cementata: Ha un muretto protettivo di cemento attorno e una lunga canalina che raccoglie l’acqua “dispersa” e la fa confluire in un piccolo abbeveratoio per gli animali, affinché anche essi ne possano beneficiare, evitando che nemmeno una goccia vada
perduta. Poi, tutti attorno al pozzo per una breve cerimonia religiosa cristiana (anche se, considerando che qui i cattolici sono il 20% è da pensare che 4 su 5 sono di altra religione). Ma la sete non fa distinzioni di credo e tutti, dico tutti, ogni volta che nei brevi “discorsi” che seguono, è pronunciata la parola “acqua potabile” fanno un grande saluto e cenno di assenso! Hanno preparato tre panche sotto un albero di karitè e cominciano le presentazioni e i saluti ufficiali, mentre vicino al pozzo le donne iniziano una danza circolare e, a turno, due entrano
cerchio dando vita ad un ballo ove tutto il corpo si muove fuorché la testa! “L’acqua buona da quando il pozzo è rotto, è a... quattro chilometri andare e quattro chilometri tornare! Ma ora sarà tutto diverso - dice Bulga il capo - le nostre donne avranno l’acqua qui, siamo in oltre 2.000 a servircene.”
Faccio un discorso pure io, tradotto da Padre Bernabè, e alla fine tutti applaudono.
Poi una donna appoggia in terra, davanti a noi, una bella zucca gialla piena di acqua e farina di miglio zuccherati: è la bevanda ufficiale di “benvenuto” in Burkina. Bevo (la pagherò cara questa bevuta, molto!) poi appare un’altra zucca con un liquido rossastro: è birra di miglio fermentato, sa di vino in una bottiglia rimasta aperta da giorni!
Quindi passiamo ai doni, tre, che mi vengono offerti: una tunica di cotone fatta a mano a righe blu verticali, una capretta e due polli!
Gran dono la capretta, che qui è un bene prezioso... Mangia di tutto, non teme il caldo, non teme la sete e dà buon latte nutriente.
Mi pare gente autentica e molto umana dove la relazione con l’altro è essenziale per la vita. Il resto, se c’è, viene dopo, molto dopo.
Poi, con un caldo che si fa davvero sentire, mi “consentono” di congedarmi da loro e mi accompagnano all’auto con a fianco Bulga il capo e tutti gli altri dietro. Stretta di mano a lui e a tutti, e mentre lo risaluto dal finestrino aperto mi sussurra in francese... che c’è un altro pozzo da riattivare: “Il ya un autre forage en panne dans un village ou ils ont besoin d’eau potable, tres besoin! Au revoir mon ami!”