Recitano tutti assieme il nome dei numeri. Hanno voci acute, sotto il controllo severo di una insegnante che con un bastoncello picchia sulla lavagna indicando le cifre; l'assistente invece gira tra i banchi: bè proprio di banchi non si tratta ma di stuoie multicolori sulle quali stanno seduti circa cinquanta bimbetti, di quattro, cinque e sei anni.
Sono figli dei cercatori d'oro che hanno trasferito qui la famiglia, sotto una improvvisata capanna di teli di plastica e arbusti.
La maestra è molto determinata con i ragazzini che non distolgono i loro visi dal suo volto finché non mi notano e, allorché anche essa percepisce che mi sto avvicinando all'"aula", con un ordine breve, li invita ad alzarsi in piedi e a salutarmi: "Bonjour!" "Bonjour a vous", rispondo.
L'aula, a duecento metri dalle prime miniere "fai da te", è formata da un basso muretto di mattoni che delimita in quadrato l'ambiente, poi ai quattro angoli altrettanti tubi di ferro e uno centrale che sostengono una tettoia. Poi un bidone di plastica rossa con l'acqua da bere. Punto!
Tutto il resto è alla luce e all'aria, una scuola "on the road".
Alcune mamme sono poco distanti a chiacchierare e sistemare panni.
Nonostante sia tutto all'aperto, si ode solo la squillante recita di numeri da parte dei bimbi.
Una cosa colpisce: non hanno libri, quaderni, matite, tavole su cui scrivere o appoggiarsi; solo una lavagna verde un po' sbeccata, un gessetto bianco e alcuni sottili rami d'albero per indicare quando si è chiamati alla lavagna.
Cosa apprenderanno? Fra 3 o 4 anni non servirà molto di più per scendere anch'essi a 40 o 50 metri sotto terra per picconare rocce e triturarle.....
G.V.
L'occhio destro del piccolo Amìn
Sto cercando Therese, ma vengo richiamato dalle urla di un bambino, incessanti e forti. Amìn sta sdraiato su un lettino con i genitori che gli tengono le mani appoggiate sulle braccia e le gambe mentre un infermiere lavora sul suo occhio destro.
Il piccolo urla a più non posso, l'infermiere ogni tanto mette qualcosa su un batuffolo di cotone....., poi arriva suor Teresa l'oculista, mi vede, mi risaluta, mentre va a medicare l'occhio di Amìn ...... controlla l'organo, ci lavora poi viene verso di me e mi mostra il batuffolo di cotone con sopra lunghe spine marron chiaro, durissime! Le ha tolte dall'occhio destro del bimbo di cinque anni: "stava giocando con altri ed è finito in un rovo di spine, l'occhio è distrutto ...... dobbiamo toglierlo, ma serve una anestesia totale, qui non è possibile farla, bisogna trasferirlo alla capitale Ouagadougou!"
Therese, parla con i genitori, poi di nuovo con l'infermiere e va sul bimbo, gli sussurra all'orecchio per un po' mentre gli accarezza una guancia e lo acquieta.
"Vieni, mi dice, vieni sta un po' qui devo fare alcuni interventi di cataratta (in genere venti al giorno!) Ma dove sono gli oculisti che avevi promesso sarebbero venuti con te dall'Italia?"
Non attende la mia risposta, ma credo senta bene l'imprecazione che lancio ai..... muri!
Si veste rapida, si lava energicamente le mani, mi presenta l'assistente di sala chirurgica, un prete.
Poi la vedo oltre il vetro e con due pazienti in attesa dell'intervento, distesi sui lettini, alza le mani al cielo e assieme al religioso prega un po', come ogni giorno prima di fare chirurgia.
Giro per alcune sale del centro oftalmologico di Zorgho, unica struttura per migliaia di povera gente. Nel lungo salone d'ingresso, 50 o 60 persone accalcate attendono l'esame della vista...... ma una volta diagnosticata la disfunzione visiva ..... sarà dura trovare gli occhiali correttivi, anzi assai difficile e molte persone resteranno con la ricetta.... In mano!
Penso agli occhiali che abbiamo portato in dono, troppo pochi.
Faccio un altro giro e Suor Therese riappare in camice verde e mi porge un foglietto con i medicinali che le servono al più presto!
Mentre esco dal centro che la suora gestisce da sola, conto supergiù centocinquanta pazienti tra le 9,30 e le 10,30 di oggi 28 dicembre.
W.V.
Ho promesso a due amici che vengono in Burkina per la prima volta di andare all'aeroporto della capitale a prenderli domattina alle 5,30.
Non è un bell'orario dovendo trovare un taxi alle 4,30 in periferia di Ougadougou, anzi è assai probabile non passi proprio!
La giovane cuoca dell'alloggio che mi ospita, sentito il problema, mi informa che prenoterà lei per me e di andare a letto tranquillo! Sono così tranquillo che il taxi arrivi, che punto la sveglia per le tre e invio a Francesca un sms, che leggerà tra un po' quando l'aereo farà scalo a Niamey: "non ho trovato un taxi, cercatelo voi in aeroporto e appena saliti chiamatemi che indicherò al telefono la località all'autista, sorry".
Punto comunque la sveglia alle 4,15 e vado per scaramanzia fuori dal portone della missione in cui sto, non prima che il cane di guardia mi annusi e con un ringhio cerchi di impaurirmi, svolgendo così il suo compito. Non ci credo, ma lì fuori c'è il taxi che mi attende! L'autista mi apre lo sportello dietro e partiamo!
Sono un po' assonnato e mi stropiccio ripetutamente gli occhi, giacchè non riesco a vedere bene la strada che facciamo. Poi dai fari delle auto che incrociamo, che fanno entrare come mille lame in tutte le direzioni dell'abitacolo la loro luce, noto che il parabrezza è tutto spezzato, come se qualcuno lo avesse martellato piu' volte.
Inoltre via via che procediamo, sento che la parte dietro dell'auto "sculetta" tanto più va veloce, come se i mozzi delle ruote fossero piegati e le ruote dietro andassero di qua e di là. Ma l'autista Denì è bravissimo, conosce le scorciatoie della capitale e in 20 minuti siamo all'aeroporto!
Girare per Uagà che ospita in basse abitazioni 1.600.000 abitanti, di notte non è uno scherzo!
Mi scuso con gli amici dell'auto non proprio di rappresentanza con cui sono andato a riceverli (ma essi, vuoi perché avevano letto il mio sms, vuoi perché un bagaglio non è arrivato..... non ci fanno molto caso al nostro taxi un po' kitch).
Mentre rientriamo alla missione, noto anche che gli sportelli non hanno piu' all'interno la protezione e quindi la loro scocca di lamiera è "a vista".
Denì va lentamente, senno' il "vetusto ferro" sculetta troppo, ma la lentezza è sopperita dalla conoscenza che ha delle strade e in un attimo siamo di ritorno. (Quando una settimana fa sono giunto io con alcuni amici, in tre auto vennero a prenderci e per ben tre, dico tre volte, sbagliammo strada e i piloti erano di Uagà!).
"Senti Denì", gli faccio in seguito - giacché l'ho eletto a pilota esterno - "ma che auto è questa?" "Eh", dice lui, "è una automobile japanese .... Ma ho intenzione di cambiarla perché consuma troppa benzina!
Comincio a fidarmi del Taxista e a consigliarlo agli amici cooperanti e utilizzandolo io stesso, gli do appuntamenti ai 5 minuti: "... ti attendo per i 25 o i 35 o i 55....".
Ue', non sbaglia un orario! Sono entusiasta!
Ma una domenica lo becco in castagna, manca all'appuntamento davanti ad una farmacia. Sono quasi compiaciuto: "Vedi, dico tra me e me, non poteva durare".
E mentre inizio a spazientirmi sotto il sole noto dall'altro lato della strada una Mercedes 190 gialla e verde "che mi guarda" da un po'. Poi preso coraggio, l'autista mi fa: "Vous etes le client de Denì?" "Oui", gli faccio! "Denì è rimasto in panne e mi ha detto sostituirlo per finire il servizio" :
"Cavolo" "Cavolo!!" Professionista "il Denì", molto!
Ecco, se vi capita di passare da Uagà cercate un taxi verdognolo con il vetro davanti molto ma proprio molto rotto e una volta saliti, osservate l'auto anche all'interno così il vetro non vi spaventa; I finestrini, sempre chiusi, l'aria condizionata..... vabbè... su!... il contachilometri con la lancetta immobile così come tutte le altre lancette,
dell'autoradio e' rimasto solo il buco! Ma non dubitate mai della giustezza del luogo in cui dovete andare! Denì vi ci porterà per la strada più breve e senza sbagliare e anche il costo di viaggio e sosta è il più basso mai pagato e si può anche.. tirarci un po' giu!
M.R.
"Ai re Magi, che hanno portato i doni a Gesù, cosa chiedete portino a voi?"
E qui il prete passa il microfono ad un chierico che lo passa ad una delle tante mani alzate: "io una bicicletta....." oh! Rimanda il prete, "io un motorino per papà per andare al lavoro! oh, oh", "io.... cose buone da mangiare!" oh, oh, oh! fa ancora il prete, "io ... un pallone", "io delle belle scarpe!
Nessuno che chieda la "cosa giusta". Finalmente una bimbetta la dice: "io chiedo che portino la pace!"
Alchè, il grosso sacerdote, avuta una risposta sulla quale può "lavorarci", riprende il microfono e giù un bel sermone sulla pace, che ai bambini qui interessa il giusto dato che fanno di tutto da quel momento, fuorché stare attenti! (Anche perché parlare di pace ai bimbi è come parlare di acqua all'acqua).
Quindi, cominciano a fare altro...... tra un gruppetto, sotto un albero, parte una litigata, dove due se le danno di santa ragione, la bimbetta ha la meglio e se non li divido, al ragazzino (7/8 anni) gli porta male; un altro gruppetto di bimbe si riffano le treccine nere con anellini colorati, a un altro gruppetto ancora Fabio comincia a fare giochi di prestigio con le dita delle mani e attorno si crea un capannello assai numeroso, tutti vogliono imparare 'sta novità. Ma presto ecco un capo scout che arriva dando due o tre bacchettate sulle gambe a quelli che gli capitan più vicino rompendo il "magico" momento. Intanto, il pretone ancora "la tira" sulla pace.
Sono le 11 del 6 gennaio, è la messa della Epifania per oltre 1.500 ragazzini, all'aperto, dietro la cattedrale di Uagà in uno spazio terroso, con alberi qua e là poveri di foglie. Il sole è a picco su tutti. Ma tutti paiono divertirsi un sacco; il prete che ha sta' folla di giovani da ammonire; alcuni più grandicelli che con due o tre simbolici stemmi colorati al braccio tengono l'ordine e il silenzio..... come possono; il gruppo del coro è disposto su due-tre file con un lungo vestito color cremachiaro con la scritta dietro "cherubini", che quando cantano lo fanno seguendo il ritmo e ballando; i tre ragazzi deputati al suono in play back.... Anche se ogni tanto la musica sparisce o attacca tardi.... ma senza infastidire i "cherubini" che ormai capìta la "casualità" delle musiche vanno avanti da soli cantando a squarciagola!
Insomma è davvero una grande festa questa messa dei ragazzi e ci si diverte tutti davvero con "lietitudine" e secondo me è molto seguita anche in Paradiso!
Quando poi è il momento di scambiarsi il segno della pace... é tutto un correre da una parte e dall'altra e a noi due, unici banchi presenti, mezzo mondo viene a porgere la propria sottilissima manina.
Poi, finita la messa, all'improvviso, perché la musica non ne vuol sapere di accompagnare "i cherubini", che 'sta volta si spazientiscono e terminano prima, è tutto un fuggi fuggi, molti sono scalzi, con un sollevamento di polvere che pare essersi alzato l'Harmattàn, il vento del Sahara che è proprio di stagione.
F.W.